Intorno all’anno Mille, quando compare per la prima volta nelle fonti scritte, Pinerolo è un popoloso insediamento rurale, diffuso sul territorio e articolato in almeno tre borgate, intorno ad altrettante piccole chiese di campagna e al suo castello. Nel 1064 la potente contessa Adelaide decide di fondare proprio qui, nella borgata di San Verano, un monastero di benedettini dedicato alla Vergine, le cui ricchezze faranno affluire a Pinerolo artigiani e mercanti, trasformandola da villaggio rurale in una piccola capitale, impegnata nella principale attività manifatturiera dell’epoca, la produzione tessile, e in altre industrie tipiche delle città tardomedievali, basate soprattutto sull’impiego della forza idraulica come la produzione della carta e dei metalli.

Nel complesso l’epoca tardomedievale è segnata da un forte sviluppo urbano, e non per nulla risalgono proprio a questi secoli i principali edifici medievali ancor oggi esistenti a Pinerolo.

Nel Quattrocento, però, la storia di Pinerolo giunge anche a un bivio decisivo dal punto di vista politico: il duca di Savoia, Amedeo VIII, annette il Piemonte ai suoi possedimenti, ma la posizione di Pinrolo viene considerata troppo marginale e nel fatale anno 1436 il duca decretò che il Consiglio e l’università rimanessero per sempre a Torino, che diventava così ufficialmente la capitale del Piemonte. Il contraccolpo su Pinerolo fu fortissimo e nei secoli successivi la cittadina, relegata al ruolo di fortezza di confine, subirà tre successive dominazioni francesi, che caratterizzeranno in modo indelebile il suo profilo urbanistico e la sua storia demografica ed economica.
Assediata e presa dall’esercito francese, comandato dal cardinale di Richelieu in persona, nel marzo 1630, sarà una delle piazzeforti di frontiera del regno di Francia per ben sessantasei anni, fino al 1696, ma col ritorno a quello che poco più tardi sarebbe diventato il Regno di Sardegna, Pinerolo perse definitivamente il suo carattere di fortezza.

Il trattato di restituzione, infatti, imponeva a Vittorio Amedeo II di smantellare integralmente le poderose fortificazioni; grazie a quelle demolizioni, tuttavia, la città poté avviare una nuova espansione urbana, via via che gli effetti della grande crescita europea del Settecento si fecero sentire anche qui. L’industria tessile riprese vigore e cominciò a modernizzarsi,  assumendo per la prima volta caratteristiche proprie della rivoluzione industriale allora in corso nei paesi più avanzati d’Europa, e allo sviluppo economico si accompagnò una significativa ripresa urbanistica: risalgono a quest’epoca i più maestosi edifici cittadini ancor oggi esistenti, come palazzo Vittone. Inoltre, la demolizione dell’Arsenale e dei bastioni permetteva di cominciare a progettare l’espansione della città verso la pianura, a partire dall’attuale piazza Fontana, sistemata proprio intorno alla metà del Settecento.

In epoca napoleonica continua la crescita dell’industria tessile pinerolese, anche grazie alle committenze dell’esercito imperiale, e accanto all’industria laniera e a quella della seta prosperavano le cartiere e soprattutto la tipografia.

La costruzione della ferrovia Torino-Pinerolo, inaugurata nel 1854, sancì la piena integrazione della città e del suo entroterra nel nascente sistema industriale del Nord-Ovest, e negli stessi anni la trasformazione urbanistica seguì da vicino la crescita della città,  cominciando a darle il volto che si riconosce ancor oggi.

Con le riforme dei primi governi unitari la città cominciò ad assumere anche il ruolo, che conserva tuttora, di polo scolastico per un vasto territorio di montagna e di pianura. Ma a lasciare il segno sul paesaggio urbano era anche la presenza militare; già in età napoleonica, infatti, la città era tornata a essere sede di una numerosa guarnigione, e anche dopo la Restaurazione il governo sabaudo continuò in questa politica. La Scuola di Cavalleria, stabilita in città nel 1849, vi rimase anche dopo l’Unità, trasformando definitivamente Pinerolo nella capitale della cavalleria italiana.

 

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